Nel mese di febbraio si è svolta la quinta edizione del Diversity Brand Summit, un evento che riunisce e premia le aziende più inclusive del panorama nazionale. Netflix è stato premiato come vincitore «overall» per il suo impegno estensivo su più fronti della D&I, mentre Amazon, per il progetto Hour of Code – Laboratori di coding per giovani studenti e studentesse. I riconoscimenti vengono assegnati a quelle aziende capaci trasmettere al mercato il loro impegno concreto nell’ambito della Diversity & Inclusion.
I vincitori sono stati scelti grazie ai risultati di una web survey, alle valutazioni di un Comitato Scientifico costituito da professoresse e professori universitari esperti di branding e marketing, e da un Security Check Committee, formato da esperti delle diversità.
Ma esattamente cosa è la D&I? Sotto questa sigla vengono raccolte tutte le pratiche inclusive sulle tematiche di genere e identità di genere, disabilità, orientamento sessuale, status socio-economico, etnia e credo religioso, che poi rappresentano le aree della diversity su cui si concentra la ricerca. La metrica utilizzata è il Nps, Net Promoter Score, che altro non è che un indicatore del passaparola, che vede una crescita per i brand percepiti come inclusivi (+5,3%) rispetto all’anno precedente. In pratica si tratta di un indice che viene direttamente collegato ai profitti di un’azienda. Misura, come anticipavamo, il passaparola positivo (o negativo) su internet da un cliente all’altro. In questo caso viene misurato sull’inclusione percepita, aiutando così a comprendere in che misura i brand più inclusivi aumentino la positività dei clienti nei loro confronti ed evidenziando numericamente quale può essere un gap positivo sul business delle aziende. La correlazione tra ricavi e inclusività si evidenzia con +23% per quelle percepite come più inclusive, con una crescita delle attività rivolte all’esterno (dal 35% del 2017 all’83% del 2021) ma, malgrado questo, il numero di brand che gli intervistati hanno individuato come maggiormente inclusivi è diminuito, seppure di poco, rispetto al 2020. Un dato a prima vista inatteso che forse è stato giustificato dal fatto che la D&I ha coinvolto un numero considerevolmente maggiore di aziende, aumentando quindi le aspettative dei consumatori.
Volendo analizzare con più attenzione i settori presi in considerazione possiamo osservare che tra i primi 50 brand percepiti dal mercato come più inclusivi, salgono il settore del retail con un +8%, il mondo dei beni di largo consumo con un +2% e i Consumer Services anche essi con un +2%. Avanzano anche il lusso e l’abbigliamento, con un +4%, diventando il secondo settore percepito come più inclusivo, passando dal 4% di 4 anni fa al 20%, grazie anche all’eccellente lavoro svolto in questi ultimi anni con una comunicazione ricca di campagne ed azioni a favore dell’inclusività. Retrocedono invece le aziende dell’Information Technology (-8%), i Media (-2%) insieme a Healthcare & Wellbeing (-2%).
Si è analizzato inoltre il cambiamento nelle abitudini dei consumatori; il 77,5% sono più propensi a brand inclusivi, mentre il restante 22,5% comunque ha evidenziato maggiore apertura verso i temi LGBT e minore ostilità alla D&I rispetto al passato, pur continuando a sentirsi minacciato dalla diversità etnica e religiosa; interessante notare che è il cluster più giovane e a prevalenza maschile. In una recentissima intervista la fondatrice, Francesca Vecchioni ha dichiarato: «Siamo ancora una nazione non abbastanza matura su questi temi. Per l’Italia c’è stato un risveglio ma c’è ancora molto da fare. La Diversity e Inclusion che un tempo era percepita come un problema, oggi inizia ad esser percepita per quello che è: una grandissima opportunità. È necessario che i brand comprendano che questa è già la realtà e se riesci a farlo sono i dati stessi che confermano il risvolto positivo sul business. Solo così è possibile innovarsi realmente. La ricchezza della diversità aumenta il benessere dell’azienda e le persone a cui il brand si rivolge lo percepiscono. Sentono il valore di un brand che rappresenta davvero le persone».