L’apertura dei mercati di questo lunedì è stata piuttosto negativa e quindi la forte flessione dei giorni scorsi, è stata confermata. Le notizie dal fronte continuano a spaventare gli investitori e, come spesso è avvenuto già in passato, anche le poche notizie positive non sembrano poter far rimbalzare i mercati. Quella di venerdì scorso è stata una giornata drammatica per tutti i listini europei, che non sono riusciti a fronteggiare le ricadute pesanti delle giuste sanzioni inflitte alla Russia. Ovviamente neanche il mercato statunitense è riuscito a brillare, anche se le perdite sono state molto più contenute rispetto ai mercati europei e sull’S&P500 un importantissimo supporto strategico, nell’area dei 4280 punti, ha retto agli attacchi ribassisti. Come accennavamo, alcuni dati macroeconomici positivi non hanno sortito alcun effetto sui mercati. Ci riferiamo in particolare al non farm payroll, pubblicato quando venerdì in Europa erano le 14.30, che ha riportato dati superiori alle attese: 678.000 posti di lavoro creati e tasso di disoccupazione al 3.8%. Le previsioni erano per 440.000 e 3.9%. Anche il dato inflattivo, quello relativo all’aumento dei salari, ha evidenziato un miglioramento rispetto alle stime ed al periodo precedente.
Nel fine settimana abbiamo avuto modo di leggere più di un report in cui veniva sottolineato che i prezzi alti del petrolio sono sempre serviti a Putin per finanziare le sue guerre: nel 2008, con con la quotazione a 150 dollari al barile, Putin invase la Georgia, nel 2014 con un prezzo di 100 dollari occupò la Crimea. In questi giorni, con il petrolio che ha raggiunto le quotazione di 116 dollari al barile, sta invadendo l’Ucraina. Sulla carta gli Stati Uniti potrebbero intervenire aumentando la produzione con l’effetto di calmierare i prezzi del petrolio. Ma le poche aziende amerciane di shale oil, sopravvissute ai fallimenti di questi ultimi anni, si stanno riprendendo proprio grazie alla ripresa dei prezzi.
Numerosi investitori si domandano: “Questo shock di mercato sarà come quelli precedenti?” In realtà la risposta è un po’ articolata. Oggi stiamo vivendo qualcosa di diverso rispetto a ciò che abbiamo vissuto in passato, ma il modo in cui gli investitori stanno rispondendo è probabilmente coerente con quello che abbiamo visto in precedenti periodi di volatilità. Le differenze stanno nella circostanza che dobbiamo affrontare una sfida che non ha precedenti nella storia, ovvero la graduale rimozione degli stimoli all’economia dopo le forti politiche monetarie espansive delle banche centrali. Tra l’altro, c’è unanimità nel sostenere che l’Europa non è mai stata più vicina alla guerra negli ultimi 70 anni di quanto lo sia adesso. Esistono tuttavia anche alcune similitudini con il passato. Durante i periodi di maggior volatilità sui mercati, gli investitori percependo la volatilità come una minaccia per i loro risparmi, tendono a reagire in modo totalmente emotivo. Basti pensare alle più recenti fasi di incertezza degli ultimi vent’anni, ad esempio. Nel 2000 quando scoppiò la bolla della new economy, nel 2008 con la crisi del subprime ed infine nel 2020 a seguito dello scoppio della pandemia di Covid-19. Corsi e ricorsi storici. Anche oggi lo scenario non sembra essere molto diverso.
Mentre la Borsa di Mosca rimane ancora chiusa, il nuovo calendario delle negoziazioni è atteso mercoledì prima dell’apertura, da questa settimana scatta il bando dei titoli russi dai listini americani: la borsa americana ha infatti annunciato che rimuoverà dai suoi indici «tutte le azioni quotate o domiciliate in Russia» con effetto prima dell’apertura dei mercati di mercoledì 9 marzo. La Russia sarà riclassificata come ’standalone’ rispetto ai mercati emergenti. Nel frattempo ovviamente continua il rally dei prezzi delle materie prime, anche per effetto dell’ipotesi che i paesi occidentali vietino l’acquisto di petrolio russo. Scenario che tuttavia incontra l’opposizione della Germania, dove almeno un paio di ministri hanno manifestato la loro contrarietà al divieto delle importazioni di gas, petrolio e carbone dalla Russia.
Il prezzo del petrolio continua dunque a volare, con Wti per aprile che sale dell’8,15% a 125,12 dollari al barile dopo aver toccato un top a 133,46. Il massimo storico è a 147,27. Il Brent maggio da parte sua sale del 8,92% a 128,65 dopo un massimo a 139,13. Il record storico è a 147,50. Il gas naturale ha fatto segnare i nuovi massimi storici sopra i 300 euro per megawattora, prima di ritracciare a 247 euro (in rialzo di quasi il 30%). Sull’obbligazionario, rialzo per lo spread BTp/Bund. Il differenziale di rendimento tra il BTp decennale e il pari durata tedesco si attesta a 166 punti base, in sensibile aumento rispetto ai 159 punti del closing di venerdì scorso. Sale nettamente anche il rendimento del BTp decennale, indicato in apertura all’1,60% dall’1,52% del closing di venerdì.