Da diversi mesi stiamo cercando di mettere in guardia gli investitori della possibilità che i mercati stornino. Ovviamente non potevamo immaginare che l’invasione dell’Ucraina degenerasse fino al punto in cui ci troviamo oggi, ma l’evoluzione dello scenario bellico lancia nuove sfide all’economia globale. Il conflitto geopolitico in Ucraina è dirompente perché rimodella l’equilibrio economico mondiale dei poteri. Mentre l’Europa è allineata con gli Stati Uniti sulle sanzioni, la sua economia sta sopportando la maggior parte delle ricadute negative della guerra, data la sua dipendenza dalla Russia per il 40% delle forniture energetiche. L’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime avrà probabilmente un impatto sulle dinamiche di crescita europee e manterrà l’inflazione ostinatamente alta più a lungo di quanto si pensasse. Assistere alla decisione della Germania di aumentare significativamente la spesa per la difesa per poter soddisfare l’obiettivo del 2% del PIL della NATO, vedere che allo stesso tempo, il Giappone sta invitando gli Stati Uniti ad installare armi nucleari sul suo suolo e la Svizzera sta rompendo la sua tradizionale neutralità, allineandosi alle sanzioni UE alla Russia, crea un certo disagio. Potrebbe emergere una nuova versione della mentalità della guerra fredda, con il rischio di influenzare notevolmente le dinamiche di crescita in futuro, così come il panorama degli investimenti globali.
Escludendo volutamente dal nostro ragionamento le catastrofiche conseguenze dell’eventuale allargamento del conflitto, occorre sottolineare che la Russia e l’Ucraina rappresentano, a parità di potere d’acquisto, rispettivamente il 3% e lo 0,4% del prodotto interno lordo globale, quindi l’impatto diretto sulla crescita economica globale sarà probabilmente limitato. Tuttavia, al di fuori della Russia e dell’Ucraina, sono soprattutto i mercati europei a subire le maggiore conseguenze derivanti dall’aumento delle tensioni in tre modi: interruzione del commercio, condizioni finanziarie più rigide e forniture di gas interdipendenti. Cerchiamo di comprendere il perchè.
In primo luogo, le ricadute commerciali del conflitto e delle sanzioni possono pesare sull’Europa, dato che l’UE ha un deficit commerciale con la Russia. Se da un lato la Russia è solo il 23° partner commerciale degli Stati Uniti, dall’altro è tra i primi cinque partner commerciali dell’UE. Tuttavia, il commercio dell’UE con la Russia rappresenta una percentuale relativamente marginale dell’attività commerciale complessiva, pari al 6% del commercio totale extra-UE. In secondo luogo, è probabile che le condizioni finanziarie continuino a restringersi, specialmente se le valutazioni delle azioni dovessero essere più a sconto e gli spread sovrani e di credito dovessero allargarsi. In terzo luogo, le conseguenze sul mercato europeo dell’energia saranno probabilmente più significative, poiché l’Europa dipende fortemente dalla Russia per il suo consumo di gas. Un’ulteriore escalation potrebbe aggravare l’attuale crisi energetica e portare ad un aumento dell’inflazione in Europa, e probabilmente anche nel resto del mondo. L’inflazione è probabilmente la più grande incertezza e il motore del comportamento degli investitori nel 2022. Resta da vedere come l’inasprimento delle condizioni finanziarie influisca sull’inflazione. Il rischio per le prospettive ha molto a che fare con l’inflazione e le reazioni delle banche centrali nei loro sforzi per frenarla. Nessun policymaker ha mai avuto a che fare con questa situazione politica prima d’ora.
L’inflazione non è ciò che la gente comune di solito considera come dirompente, ma in questo momento, rappresenta probabilmente la più grande forza dirompente Il modo in cui verrà gestita in questi mesi, determinerà il punto in cui ci troveremo tra due anni e se saremo in crescita o in recessione. Sarà quindi l’azione delle banche centrali, specialmente negli Stati Uniti, a determinare se le economie affronteranno la stagflazione in futuro o la recessione. In Europa, l’UE sta considerando l’emissione di obbligazioni comunitarie per sostenere fiscalmente gli stati membri contro la tensione finanziaria imposta loro dalla crisi energetica e delle materie prime.
Un ulteriore stimolo fiscale è meno probabile negli Stati Uniti, ma quanto e come la Fed alzerà i tassi di interesse determinerà se gli Stati Uniti entreranno in un periodo di stagflazione o se sperimenteranno una recessione nei prossimi 12-18 mesi. Un minor numero di aumenti potrebbe portare alla stagflazione, mentre un ciclo più aggressivo potrebbe far precipitare in una recessione. Alcune fonti di inflazione, come gli alloggi, saranno più efficacemente frenate da una recessione, poiché il calo della domanda potrebbe raffreddare i prezzi. Il compito della Fed di riportare l’inflazione al 2%, date le forze che la alimentano, è straordinariamente impegnativo dal punto di vista del disegno della politica, aumentando la probabilità di recessione.